Day 1° - The beginning
Finalmente il giorno della partenza, colazione ricca del mattino per poi prepararsi e presentarsi puntuali alla riunione per la foto davanti al velodromo. Non so se c’erano tutti gli oltre 380 ciclisti italiani iscritti e postati nel prato in posizione sparsa, certo che le maglie azzurre messe tutte assieme davano veramente un gran bel effetto. Circa mezzogiorno, ora di tornare verso l’albergo ma prima serve mettere nello stomaco qualcosa per arrivare alla sera già pronti. I miei compagni di viaggio e di camera, Serafino e Franco dopo aver preparato il necessario per la corsa (partiti con carico minimale) riescono a riposare qualche minuto mentre io ricontrollavo per l’ennesima volta tutto il bagaglio. Forse dovevo riposare pure io visto le due notti insonni passate in camera con i due trattori di gran cilindrata ma la differenza dell'orario di partenza delle nostre corse hanno dato tempo massimo di partenza dall’albergo alle ore 15,00 per dare modo a Serafino e Franco di partire puntuali alle 16,45 partenza che non ho potuto vedere a causa della distanza del parcheggio auto parecchio lontano dal velodromo. Sono arrivato nel prato adiacente allo start verso le 17,30 pertanto facendo parte dell’ultimo gruppo di partenti della domenica sono stato a riposo forzato seduto e sdraiato per quasi due ore. Ore 19,30, piano piano ci si incanala nella corsia che porta nel piazzale di attesa nel settore della propria lettera, cielo coperto, leggero vento non freddo ma fresco al punto che aspettando infilo gambali e manicotti. Entrano i ciclisti con la R e poi quelli con la S, dopo quindici minuti arriva il nostro turno lettera T, lascio scorrere tutti davanti, la mia intenzione è quella di partire come ultimo concorrente della giornata il che sembrava semplice visto che tutti volevano partire in fretta. Tutti partiti? Mannaggia mi giro e alle mie spalle mi trovo uno svedesone, iper capelluto, con barba incolta, di taglia bassa ma corpulento che mi occhia come dire “vai che qui ci sono io” a questo punto mi fermo metto giù i piedi lui si affianca ci si guarda bene negli occhi e dopo tre secondi abbiamo capito che si doveva partire insieme e così come due coniugi mano nella mano, nella vita e nella morte finché bicicletta non ci separi siamo passati per ultimi sotto lo start inondati da applausi e fotografie che mi piacerebbe moltissimo vedere pubblicate in qualche sito. Sono dentro alla PBP ho detto in quel momento, si inizia a pedalare in un lungo serpentone che poco dopo, appena fuori il centro abitato e arrivati nelle campagne diventa tutto illuminato di rosso. Partenza calibrata ma non lenta, dopo 50 km. raggiungo un gruppetto di italiani che comprendeva due ciclisti che conoscevo e con loro ho percorso circa 300 km.. La temperatura delle prime ore notturne era gradevole ma verso mattina sono stato costretto indossare la giacca pesante per contrastare gli 11° con nebbia inclusa fino al sorgere del sole. La giornata scorre veloce e al pomeriggio lascio il gruppo per riposarmi a bordo strada su un bel giaciglio di paglia da poco tagliata restandoci per circa un’ora circa per poi ripartire e arrivare al controllo di Loudéac dopo le 20,00 con oltre 24 ore di pedale e 450 km. accumulati. Una doccia due baghette con salsicciotti, senape e una buona birra chiudono la giornata prima di sdraiarmi su una brandina del dormitorio.
Day 2° - La svolta
Sul bigliettino del dormitorio avevo fatto scrivere la sveglia che puntuale è arrivata alle 1,00, tre ore solo di sonno, dura alzarsi sebbene la posizione supina non fosse fra le più confortevoli condita con l’orchestra filarmonica del russa-russa ma la stanchezza del giorno prima era talmente tale che avrei dormito senza problemi anche con i compagni di camera delle giornate precedenti. Il senso della stanchezza lo si avverte subito nel momento in cui ci si deve alzare in piedi e in quel momento la domanda sorge spontanea “chi riesce a pedalare adesso?”, voglia o non voglia si deve partire pertanto giro al bagno, colazione abbondante e dopo una bella incremata nei punti che iniziavano a pizzicare si risale in sella, che dolorrrrrr. Partenza ore 2.00 molto lenta, ancora nebbia e freddo non riesco a far girare le gambe, le ginocchia bloccate fanno male e tutti mi sorpassano soprattutto nelle salite a questo punto come dice il Franco camerata “siamo uomini o caporali?” decido di accodarmi ad un gruppetto che mi aveva appena passato e dopo un quarto d’ora alzando il cuore sento i muscoli reagire bene, le ginocchia non più doloranti ed una energia che non avevo mai sentito nemmeno nel primo giorno, inizio a passare il gruppetto della svolta e poi altri e altri ancora avevo la sensazione di avere qualcosa in più al punto che ho pensato che fossero andati in circolo i salsicciotti, sicuramente dopati, ingurgitati la sera prima. Arrivo al rilevamento chip a Brest che è quasi mezzogiorno, una bellissima cittadina posizionata a nord di un golfo dell’Atlantico e li dopo pausa foto e rifornimento si fa il punto della situazione e si guarda al tempo di arrivo, diventa facile fare due conti, si fa il doppio del tempo espresso nella prima parte e così abbiamo il tempo di arrivo, grave errore di valutazione questo. Sebbene io fossi arrivato a Brest senza problemi ma con quasi quaranta ore in teoria facendo il doppio se la matematica non è un’opinione dovevo arrivare a Parigi con circa 80 ore, “meno ho pensato” perché adesso le gambe girano come un frullatore ma il conto non si può fare senza l’oste dicevano i nostri cari vecchi. Ripartenza buona si sta benone e inizio a ripassare dei gruppetti quando su una discesa vengo ripassato da due canadesi appena superati, azzarola la voglia era tanta la discesa lunghissima al 3% mi sono messo a coda e sentivo le gambe scalpitare come fossi un puledro scatenato, il contachilometri segnava 45, tac tac tac , tre botte secche giù al 12 e spingere nei pedali, ripassati i due li sento dietro e cosi per parecchi sali scendi dove loro in virtù di una bici scarica in salita mi prendevano sempre, dopo un’ora uno dei due cala le braghe e resta indietro e qui la lotta a due diventa seria stavo pedalando dopo 650 km. come dovessi fare lo scatto su un arrivo in volata, sorpasso, controsorpasso, su una discesa lo strumento segnava pendenza 4% la velocità era arrivata a quasi 70 all’ora ma alla fine ho dovuto cedere e lui affiancandosi a me mi fa “come on, come on” e io, prima in un dialetto molto stretto e poi in un quasi inglese gli ho risposto “amuccadetosantoea” “you very very strong” e così ho dovuto abdicare e vedendolo andare ancora veloce continuare la mia corsa sempre pimpante ma più ponderata, la vista va sullo strumento, cappero questo allungo mi dava nei primi 70 km. da Brest il tempo di due ore, 35 di media, da folli. Alla sera arrivo nuovamente a Loudéac con altri 335 km., solita doccia, solita baghette con salsiccia e solita mini dormita.
Day 3° Un martedì da leoni per un mercoledì da c……..
Sono quasi convinto che nelle tre ore di sonno che ho fatto qualcuno da più di un quintale si fosse appollaiato sopra di me perché l’effetto al risveglio era proprio quello di essere passato sotto un pesta sassi, mancano circa 450 km. per arrivare a Parigi e sono 49 le ore passate in bicicletta pertanto il tempo è a mio favore ma ascoltando per bene i consigli di chi da tempo fa questo tipo di corse considerano il tempo "relativo" perché più si va avanti più è facile che arrivi la crisi, “miii tutti Einstein sono”. Dopo colazione e solita impomatata si riparte, nella distanza i gruppi o i singoli ciclisti in strada si diluiscono così che a volte si sta da soli senza essere sorpassati o passando altri anche parecchi minuti e con il buio assoluto nelle colline della Bretagna si perde il senso della velocità e pure della pendenza delle salite tanto più che a volte chiudevo la retroilluminazione dello strumento, tantissima fatica sento nel salire che penso, mannaggia questa sarà almeno al 7%, accendo il telefono con la app che di solito uso e leggo pendenza 2% velocità 9 all’ora e poco dopo inizia pure a pizzicare il tendine d’Achille che ora dopo ora diventa un fuoco al piede. Dopo aver pedalato quattro ore in sofferenza i dubbi a questo punto sorgono spontanei e inizi a fare conti fra chilometri rimasti, tempo restante e se con l’andatura in atto si può arrivare a Parigi entro le novanta ore. Ho maledetto cento volte le scorribande del giorno prima ma la voglia di arrivare in tempo era ancora molto alta, decisione veloce quella che ho preso in quel momento, al prossimo controllo stop, ci si ferma per controllo medico e anche per dormire perché il sonno al mattino era ancora forte. Ore 7.00 una gentile infermiera mi spalma del Voltaren nel tendine e subito dopo cerco un posto dove dormire, qui per fortuna il dormitorio era fornito di camerette con quattro letti con materasso e copertona di lana in più essendo mattino nella mia camera eravamo in due e poco dopo restai solo, due ore di sonno perfette. Al risveglio ennesima colazione e uscito dal self service chi mi tocca la spalla da dietro? Gli mancava solo il cappello con le corna al vichingo che avevo a fianco nella partenza sì proprio lui lo svedesono capelluto che insisteva a volere arrivare pure insieme all'arrivo ma per ultimi, foto di rito e ripartenza veloce, la gamba girava meglio ma il tallone ancora faceva molto male, cerco di vedere se cambiando posizione del piede nella spinta risolvo qualcosa, punta in basso del piede destro, apertura quasi totale della scarpa e il dolore piano piano diminuisce. Il pomeriggio è arrivato e stavo fisicamente a posto, poca stanchezza e voglia di correre e allora chi meglio di tre americani forsennati potevo trovare per ingaggiare un’altra bella corsa? Un’altra oretta fatta bene dove stavolta hanno dovuto cedere loro nei sali scendi continui. Altre corse durante il pomeriggio al punto che sono arrivato a Mortagne con settantaquattro ore fatte e solo 140 km. da fare alle 22,18. Se non trovo un tir che mi viene addosso, se non mi viene una gastroenterite, se non inizia la terza guerra mondiale la PBP la porto a casa, questo è quello che ho pensato. Avendo tutto questo tempo a disposizione ho deciso di fare un breack di un paio d’ore al dormitorio sebbene il sonno fosse ancora ben tollerato.
Day 4° - A fable unfortunately ended
Sbagliato tutto, dormitorio con gomma piuma a terra praticamente come stare diretti sul cemento, risveglio muscolare sempre più difficoltoso e strada bagnata alla ripartenza sebbene in quel momento non piovesse, fa nulla dissi, abbiamo fatto trenta facciamo trentuno. Oramai tutto quello che era la prepartenza del mattino, tempi e ordine di funzione era diventato una routine, dolori muscolari vari e altre menate nemmeno si consideravano più, si hanno e basta. Prima delle 6,00 arrivo all’ultimo controllo di Dreux, pausa veloce e via per gli ultimi 65 km, anche nei vari controlli si impara ad accelerare i tempi tutta esperienza accumulata. Poco più di quattro ore delle quali tre sotto l’acqua e qui sebbene per poco ho utilizzato il materiale idoneo per questi momenti. Sono arrivato al velodromo senza problemi gravi, gli ultimi 10 km. cantando sotto la pioggia come Gene Kelly probabilmente l’adrenalina aveva anestetizzato tutto il mio corpo compreso il cervello ma questo non contava più nulla, pochi metri ancora e il sogno di diciotto mesi si chiudeva in bellezza. All’arrivo dopo l’ultimo timbro ho dovuto lasciare il libretto di viaggio all’organizzazione con molto rammarico che però poi mi hanno confortato dicendomi che me lo avrebbero spedito fra qualche mese.
Dati e considerazioni
1230 km. senza un chilometro di pianura, o si sale o si scende, seimilacento partecipanti da tutte le parti del mondo anche dalle più remote, più di duemila volontari sparsi nel percorso i quali quasi sempre persone anziane sempre gentili e pazienti che da stacanovisti lavoravano instancabili per ore durante il giorno e la notte questo per rendere questa “olimpiade” del ciclismo bellissima, un pubblico eccezionale di persone nelle strade per tutti i 1230 km. che ti aspettano incitandoti con “allez allez” e “bon courage”, i bambini che si allungano nel ciglio della strada con il braccio teso per aspettare il cinque del ciclista in arrivo, i ciclisti che hanno partecipato a questa manifestazione pedalando con biciclette “alternative”, i ciclisti over 70 che con umiltà e sofferenza hanno pedalato per tutto il percorso, i corridori che corrono assistiti da camper e furgoni alla rincorsa di un tempo migliore di tutti, i ciclisti che corrono in autonomia per abbassare il tempo della precedente manifestazione infischiandosi dei più quattro dell’anagrafe ma con un’esperienza e l’entusiasmo che di anni è come se ne avessero sei di meno (grandissimo Mariano), i ciclisti che come me vanno come gli pare tanto se va, va altrimenti pippe, i ciclisti adagiati stremati nei bordi delle strade distrutti nel fisico ma soprattutto nel morale, i quasi 10 metri di baghette rosicchiati con dentro jambon et fromage o saucisse, le birre ingurgitate che se mi fermavano a fare la prova del palloncino dovevano squalificarmi con ritiro del mezzo, i litri di caffè, se così si può chiamare l’acqua nera che colava giù nello stomaco quando il sonno si faceva sentire, le quattro dormite passate nei dormitori dove a causa della stanchezza non si sentiva nulla sebbene il rumore del russare era paragonabile alla scavatrice che sta forando il nuovo Frejus, l’amore che questo popolo ha verso la bicicletta considerato unico al mondo………si potrebbe andare avanti ancora per molto ma difficilmente riuscirei mettere per iscritto le emozioni provate in questa settimana di pedalata in solitaria. Devo ringraziare i miei due compagni di viaggio e di camera per il piacevole tempo passato insieme e con dispiacere non ho potuto stare con loro durante la corsa per il differenziale prestazionale fra me e loro, hanno chiuso con una quindicina di ore di anticipo rispetto a me mica noccioline, bravo Serafino, bravo Franco. Un altro ringraziamento a Silvano e Mariano per le dritte che mi hanno dato che in vari frangenti della corsa mi sono state utili. Au revoir PBP
Ebbene sì,
questo uomo che ha iniziato a pedalare solo quattro anni fa e non sa andare in bicicletta,
questo uomo che non si allena e che esce una sola volta alla settimana,
questo uomo che a detta di qualcuno, ed è vero, porta il cuscino sul davanti,
questo uomo che pedala con le calze lunghe ma che non porta le giarrettiere,
questo uomo che viaggia con un cancello sebbene i cancelli non siano fatti in alluminio,
questo uomo che va sempre contro corrente e contro moda ciclistica,
sì questo uomo oggi ha vinto, grande vecchio.