Dal paradiso all'inferno

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  • 26/08/2018
  • Antonio Corte
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Batte nove volte l’orologio del campanile di Vigo di Cadore, paesino del bellunese dove dal piccolo parcheggio parto con la GTA. Oggi il tour si preannuncia impegnativo, sulla carta il dislivello è assai notevole e come al solito affronto questo tracciato per la prima volta pertanto non so proprio cosa mi aspetti.

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Da Vigo scendo leggermente a Laggio di Cadore ed inizio a salire uscendo dal piccolo paese, la via è praticamente deserta, la SP619 è una bella strada immersa nella vegetazione dove si può correre respirando a pieni polmoni con un traffico praticamente inesistente. La salita nei primi nove chilometri ha una pendenza molto pedalabile che cambia quando si arriva ai tornanti, da adesso fino alla cima le pendenze aumentano notevolmente, il bosco si dirada ed il panorama offerto è davvero bello.

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Le alte guglie che si vedono mi accompagnano sino alla cima, Sella Ciampigotto m. s.l.m. 1790, un bar ristorante ed un rifugio ai piedi del Monte Tudaio di Razzo, uno scenario aperto in questo piccolo altopiano, “il paradiso”.

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Una piccola discesa dove incrocio un gruppo di motociclisti e poi risalgo ancora, arrivo a quota 1760 m. della Sella di Razzo, praticamente sono due cocuzzoli divisi da un piccolo avvallamento.

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Inizio a scendere fino ad arrivare ad un incrocio con indicazione Sauris a destra, da qui abbandono la SP619 e continuo la discesa nella SP33 pedalando nella Val Lumiei, nome del torrente che va ad alimentare il lago Sauris, un lago dalle acque cristalline dove si possono vedere riflesse le montagne circostanti ed il cielo.

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Sauris di Sopra, Sauris di Sotto e le frazioni di Lateis, La Maina e Velt formano il comune più alto del Friuli Venezia Giulia (1200 m.).

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Questa favolosa località che conta poco più di 400 abitanti e circondata dai monti Col Gentile, Monte Tarondon, Monte Pieltinis, Crodon di Tiarfin, Monte Bìvera, Monte Zauf, Monte Tinisa, tutte vette che superano i 2000 metri, è nota anche per la produzione di un buonissimo prosciutto ed una ottima birra, il prosciutto Wolf Sauris viene prodotto a Sauris di Sotto mentre la Zahre Beer viene prodotta a Sauris di Sopra, binomio eccellente per uno spuntino molto gustoso.

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Dopo alcune foto riparte il viaggio direzione Ampezzo, devo scendere ancora e durante la discesa devo passare alcune gallerie che avevo visto in un sito, queste gallerie illuminate da una fievole luce gialla sono scavate nella roccia a vista e sono tutte pavimentate con un lastricato di pavè, mancava solo passare in questi tunnel con una carrozza trainata da cavalli per ritrovarsi indietro nel tempo di almeno centocinquanta anni (video galleria).

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Arrivo ad Ampezzo passo Meniis ed arrivo ad Enemonzo dove giro a sinistra ed inizio a salire verso Colza, Raveo, Muina ed Agrons tenendo sempre la sinistra del torrente Degano, con il passaggio del ponte sul torrente arrivo ad Ovaro e Liariis e qui inizia "l’inferno". Viene giustamente chiamato “il mostro”, lo Zoncolan è una salita breve con pendenze molto importanti, non bisogna credere nei dati totali della salita ovvero, salita da Ovaro 10,5 km. con media del 12,1%, i numeri reali sono ben altri.

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La salita parte veramente dura da Liariis girando bruscamente dal centro paese a destra si pedala su un breve tratto in leggera salita dove sui muri sono emblematici degli affissi che avvisano tutti i ciclisti su quello che gli aspetta se intendono salire sino alla cima. Da Liariis se togliamo i primi metri e togliamo l’ultimo chilometro e mezzo delle gallerie dove la pendenza cala in maniera sensibile restano esattamente 6 km. terrificanti, lo strumento segna dal 14% al 19% ed in questo tratto ho trovato solamente in un tornante pochi metri dove ci si poteva riprendere. Con la bicicletta assistita salgo abbastanza agevolmente, per tenere i 9/10 km/h devo fare alzare il cuore sopra i 150 bpm, i ciclisti che trovo a zizzagare durante la salita li passo agevolmente, nei loro sguardi è impressa una sofferenza immane, qualcuno lo vedo fermo al lato della strada, lo saluto e continuo nel salire. Sui tornanti, nei cartelloni bene in vista ci sono le foto dei più grandi corridori professionisti con evidenziato sotto il chilometraggio percorso e poco dopo più avanti altri cartelli che indicano quanto manca all’arrivo. La salita dura è finita la strada “spiana” tornano pendenze accettabili, qui dove leggo ancora 9% manca circa un chilometro quando alle spalle sento un rumore di bicicletta, non ci credo, una bicicletta “normale”, senza motore, pazzesco, un giovane ventiseienne (scoperto l’età alla vetta) nel salutarmi con accento altoatesino mi sorpassa con una scioltezza assurda, la strada diventa facile da salire e dopo aver passato insieme le gallerie forzando un pochino sui pedali lo sorpasso nuovamente nell’ultimo ripido tornante, qualche decina di metri davanti a lui, manca cento metri per arrivare al monumento, “onore alla fatica” gli dico mentre rallento, mi sfila così per arrivare alla fine del calvario giustamente prima di me, imbarazzante vedere il suo volto, non dà alcun segno di fatica, molto bello vedere la freschezza della gioventù mescolata ad una gran forza muscolare vincere questa salita, vincere “il mostro”, vincere lo Zoncolan.

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Mentre aspettavo il monumento libero per scattare la foto il mio pensiero ritorna alla visione di tutti i ciclisti che ho visto sputare sangue fin dall'inizio della salita convinto però che pure loro arriveranno a portare a termine questa infernale prova. Si scende, attenzione qui si rischia di farsi male, mani ben forti sul manubrio e sui freni, le pendenze che si trovano scendendo verso Sutrio non sono ripide come quelle della salita ma nei primi chilometri quelle poche volte che ho tolto lo sguardo dalla strada per vedere lo strumento ho visto 10-16% con curve strette e parecchie sconnessioni dell’asfalto.

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Finita la discesa giro a sinistra in direzione Ravascletto e poco prima di entrare in paese leggo sulle indicazioni stradali “Strada Panoramica delle Vette” giro a destra in una sorta di tornante ed inizio una nuova salita, Cima Crostis. Il cielo che si oscura e le prime gocce di pioggia mi fanno titubare nell’iniziare la salita ma dando fiducia la meteo del giorno inizio la scalata al Crostis. Ravascletto punto di partenza è a poco più di 950 metri s.l.m. pertanto devo salire di oltre 1000 m. di dislivello. Solo 9 km. per arrivare ai 1750 di quota, pendenza media 9%, una pausa quando manca poco per arrivare sopra causa una pioggia insistente. Dal piccolo abete con i rami fitti che con sufficienza mi sta riparando vedo poco più su una cima e questo mi conforta assai pensando di essere arrivato già al culmine.

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La pioggia cala di d’intensità, riparto e dopo poche curve sono a quota 1860 m. e devo arrivare a quota 1980 s.l.m., nulla di trascendentale penso, 100 metri di dislivello ancora che sarà mai, ahimè l’asfalto finisce ed inizia uno sterrato in piano ben battuto e facile da pedalare al punto che corro con una mano al manubrio finché con l’altra tengo lo smartphone per fare un piccolo video (qui il video). Il bello dura poco perché la strada come un serpente che si snoda in quota inizia a mutare, le buche diventano più frequenti con qualche pozzanghera causata dalla pioggia, i sassi aumentano di volume facendo così saltare di più la ruota, fortuna mia che con le coperture da 40 mm. ho compensato bene queste difficoltà ma la situazione più critica è che dal lato sinistro del piccolo sentiero ci sta un precipizio da brivido allorché sebbene la corsia verso la spalla della montagna sia più sporca e meno liscia a causa del franare dei sassi preferisco stare al sicuro abbottonato alle rocce. La distanza in questa strada aumenta e le vibrazioni del manubrio fanno iniziare i formicolii alle braccia, spero duri poco, l’altimetro resta sempre fermo alla stessa quota di partenza dello sterrato fino a quando poco avanti vedo l’inizio della strada asfaltata, alla fine sono stati ben 5 km. il tratto di sterrato, molto pericoloso. Qui nel 2011 volevano far passare la tappa del giro d’Italia dopo aver scalato lo Zoncolan, a mio personale parere la direzione dell’UCI ha fatto la giusta scelta nel far saltare questa salita, ancora adesso possiamo vedere il monumento dei donatori di sangue dedicato al giro del 2011 mai percorso in questa vetta. Sebbene sia rugoso l’asfalto adesso la bicicletta scorre bene ed arrivare alla cima quota 1980 m. impiego poco tempo, dalla sommità i tuoni si fanno sentire così non mi fermo per le foto ricordo prendendo subito la discesa verso Comeglians. Piove, pedalare con la pioggia non è il massimo del piacere, scendere su una strada al 15% di pendenza male asfaltata e bagnata è pure pericoloso.

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A valle la pioggia smette di scendere ma la strada resta per qualche chilometro ancora bagnata, da Comeglians prendo la SR355, una lunghissima regionale non priva di veicoli che collega Villa Santina a Santo Stefano di Cadore e la pedalo passando per Rivolato, Forni Avoltri fino ad arrivare a Sappada, notissima zona turistica invernale a quota 1200 m. dove si trovano le sorgenti del fiume Piave, qui si inizia la discesa costante è lunga e sulla larga carreggiata dalle curve morbide si può correre veloci. Arrivo presto alla lunga galleria che spero di evitare prendendo la vecchia strada del Tudaio che costeggia il Piave ma purtroppo è stata chiusa. La galleria in leggera discesa è lunga 4 km. ed è poco illuminata, servono le luci, sia anteriori che posteriori, fortuna mia che il traffico non è elevato e spingendo forte nei pedali sono passato dall’altra parte senza alcun problema. Uscendo dal tunnel prendo a sinistra direzione Belluno e dopo qualche chilometro passando per Cima Gogna giro a sinistra per risalire con l’ultima salita verso Vigo di Cadore, punto di partenza del mattino. I numeri di questo viaggio, 180 km. con 5000 m. di dislivello positivo. Da ciclo viaggiatore posso dire che la parte più bella del giro è stato dalla partenza sino l’inizio della salita dello Zoncolan, questo tratto posso definirlo il paradiso, percorso eccellente corso su strade senza traffico immerso nei boschi con pendenze anche elevate ma accettabili e con dei panorami bellissimi passando borghi e paesi molto particolari che sicuramente ricorderò positivamente. E l’inferno? Lo Zoncolan come il Mortirolo e altre salite molto note per le elevate pendenze che rientrano in un contesto prettamente corsaiolo non mi è piaciuto, in virtù della fatica contenuta nel salire senza alcuna sofferenza posso fare una analisi libera prettamente valutando la strada e la vista che questa offre, strada tutta uguale, panorama zero. Premetto che non sono un corridore e forse per questo non riesco capire cosa porti un ciclista non agonista a salire per queste strade esprimendo uno sforzo estremo sapendo di affrontare una sofferenza immane che va oltre alla logica sportiva dilettantistica, una tortura che mette a dura prova il fisico di chi sale su queste salite. La razionalità mi impedisce di pensare che una enorme sofferenza possa produrre una soddisfazione, ovvero, non concepisco come si possa trarre soddisfazione nel soffrire. Non mi è piaciuto nemmeno il Crostis visto la pericolosità dello sterrato, ah un’altra cosa, vorrei capire perché viene chiamata Panoramica delle Vette la via che si percorre per salire al Crostis, la strada corre immersa negli abeti pertanto panorama zero e non ho visto nulla di eclatante nemmeno dalla cima di questa montagna. Restiamo a parlare di inferno, pure la galleria dopo la discesa da Sappada è molto pericolosa e purtroppo è l’unica via di collegamento fra Sappada e Belluno. A questo punto diventa facile pensare che il ricordo che resterà più impresso sarà quello del bellissimo paradiso della prima parte di questo viaggio.

Distanza 177 km - Dislivello 5470 m - Link percorso